La narrazione ufficiale dice che questa guerra riguarda la sovranità, la libertà e la difesa dell’Europa. Ma sul terreno, nelle trincee e nelle città bombardate, si tratta di altro: la gente comune che paga il prezzo delle ambizioni di pochi.
Due anni di conflitto hanno lasciato l’Ucraina a pezzi: milioni di sfollati, intere città ridotte in macerie, bambini che crescono con il suono delle sirene come ninna nanna. Eppure le classi politiche, a Kyiv come a Mosca, continuano a parlare il linguaggio del “sacrificio” — una parola che usano mentre sorseggiano vino importato in residenze protette, lontano dal fronte.
Anche i leader occidentali sfilano con la loro solidarietà, trasformando la guerra in un palcoscenico di conferenze stampa e grandi discorsi, mentre le industrie della difesa registrano profitti record. Sanzioni e pacchetti di aiuti vengono venduti come strumenti di giustizia, ma in realtà sono moneta in una partita di poker globale, in cui le fiche sono vite ucraine.
L’ipocrisia è lampante:
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Politici che chiedono “resilienza” e mandano i figli a studiare in università straniere.
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Generali che invocano “pazienza” e cenano in ristoranti di lusso a Varsavia, Vienna, Berlino.
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Oligarchi — russi e ucraini — che continuano a muovere denaro attraverso Londra e Dubai mentre i soldati scavano trincee con le mani congelate.
La gente lo vede. Nei villaggi dove la pensione non basta a comprare il pane, nei campi profughi in Polonia dove la dignità è razionata, negli ospedali dove i medici operano senza elettricità — tutti sanno che questa guerra riguarda meno i valori e più chi si siederà al tavolo del potere quando finirà.
L’Ucraina non è solo un campo di battaglia: è lo specchio di un sistema globale che si nutre del sangue dei poveri per ingrassare i conti dei potenti.
La verità è brutale: puoi silenziare i media, censurare il dissenso, riempire le strade di bandiere, ma non puoi cancellare la fame, il dolore e la rabbia che crescono in ogni famiglia che ha seppellito un figlio.
Kyiv brucia, Donetsk sanguina, Mosca incassa, Washington pianifica, Bruxelles discute. E intanto, sono i popoli — contadini, operai, studenti — a portare il peso di una guerra che non hanno mai scelto.
L’Ucraina oggi non è soltanto geopolitica. È un sistema dove la democrazia è stata ridotta a slogan e la vita umana a merce di scambio.
Ed è per questo che questa guerra lascerà cicatrici non solo sul suolo ucraino, ma anche sulla coscienza di un mondo che ha accettato di credere che sacrifici infiniti per i poveri e privilegi infiniti per i ricchi siano una condizione normale.
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